
L' “ACCIDIA SOCIALE”:
brevi note
Molti ragazzi oggi soffrono di accidia, un sentimento povero o che li rende poveri, una condizione che annienta la mente e fa scivolare, chi la subisce, in uno stato di confusione e passività.
L’accidia è più che noia, più che apatia, è piuttosto uno stato in cui i desideri sembrano irrimediabilmente imbalsamati.
Non è difficile, interrogando gli adolescenti, avvertire che sono attraversati da un pervasivo stato d’inazione che li blocca e li disorienta.
Da non confondere con la perplessità, col dubbio che, viceversa, hanno la qualità di sviluppare la capacità di pensare, di produrre conflitti a carattere evolutivo e possono sprigionare la creatività, l’accidia è un sentimento “morto”.
Affetti da accidia i “figli” del nostro tempo, sembra abbiano una grande difficoltà a riconoscere l’aspetto più vitale e sconvolgente della loro esistenza, anche quello drammatico. Tutto sembra per loro ininfluente.
La loro vita, infatti, procede senza scossoni, senza entusiasmi, senza passioni, dentro scatole virtuali (i vari network, i giochi virtuali, gli scambi di chat). Le loro comunicazioni sembrano si riducano a dei twitt, cinguettii virtuali.
Di contro, vengono lanciati, quasi “sparati” nello spazio, verso obiettivi fantasmagorici, da raggiungere ora e subito, prima che sia troppo tardi, prima che si perda un posto d’eccellenza nell’Europa della globalizzazione.

Da un punto di vista clinico, a mio parere, l’accidia si trova a metà strada tra lo stato depressivo e una problematica dello spettro narcisistico.
La società, col suo assetto depressivo o maniacale, spesso li “chiama”, implicitamente e esplicitamente, a rispondere ai bisogni narcisistici del Sistema (efficienza, produttività, potere, successo a ogni costo, eccellenza).
E’ da chiedersi se l’adolescente faccia fatica a trovare un rispecchiamento di sé in questo contesto e, piuttosto, viri verso una posizione interna, oltre che esterna, di ritiro e rifugio. Uno degli aspetti dell’accidia è, anche, il timore di non essere all’altezza delle richieste e delle aspettative della società L’accidia diventa allora una forma difensiva che l’adolescente pone in essere per sottrarsi alle richieste di un Sistema avvertito come vampirizzante il proprio sé.
E’ una soluzione parziale che li solleva dal confronto e dal giudizio, una maniera per sottrarsi dalla valutazione alla quale, i ragazzi, non si sentono pronti o che sopravvalutano.
Aggiungo che, effettivamente, le richieste della società, attuale, contengono, molto spesso, un messaggio alienante e ambiguo, laddove è difficile raccapezzarsi sui valori e dove gli ideali vengono confusi con l’idealizzazione..
L’accidia diventa allora l’unico modo per proteggere e mettere in sicurezza la parte segreta del sé, le proprie aspirazioni, l’originalità delle proprie idee, a costo di non farli mai venire alla luce.
In questo caso, l’accidia potrebbe collocarsi tra i sintomi clinici e divenire un vero e proprio stato mentale che, gradualmente e insidiosamente caratterizza l’organizzazione della personalità di molti adolescenti e ne rende adulti irrisolti senza che abbiano potuto (o voluto) misurarsi con la gioia e la sofferenza.
L’ “accidia sociale” è pertanto il risultato di una società che sembra, oggi, intubare i propri figli attraverso un transito di messaggi, concreti e subliminali, non spendibili per un progetto di benessere e di realizzazione. Piuttosto accade che subentra in loro una rinuncia non solo a coltivare le loro passioni ma anche a frequentarle.
Pur tuttavia, l’accidioso soffre… come se fosse abortita la sua stessa esistenza.
E a questo, noi tutti, dobbiamo prestare ascolto.
Donatella Lisciotto
Membro Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana